
Non è semplice, no.
Siamo sempre portati a paragonarci, a metterci a confronto, come se l’altro fosse costantemente il nostro metodo di paragone.
Così facendo, ci chiediamo inconsciamente di omologarci.
Sparisce la personalità, svanisce la differenza, si perde il singolo.
Voglio ribadire ancora una volta come credo sia necessario insegnare ai bambini la diversità e non l’uguaglianza.
E questo punto di partenza dovrebbe essere ancora di più essenziale nel momento in cui si parla di disabilità o si lavora con essa.
Partiamo tutti da un semplice “SIAMO TUTTI DIVERSI” invece che da un falso “siamo tutti uguali”.
Perché l’uguaglianza, quella che noi adulti sbandieriamo, non è visibile ne tangibile agli occhi di un bambino.
Immagina questa semplice riflessione, mettiamoci per un momento nei panni di un ipotetico bambino:
“Perché mi dicono che Riccardo è uguale a me? Non capisco…..
Io cammino, lui no.
Io mangio con la bocca, lui con un tubicino nella pancia.
Io parlo, lui indica con gli occhi e nessuna parola.
Facciamo la stessa cosa, è vero, ma in modi diversi. Non siamo uguali.
La maestra dice che due cose sono uguali quando si assomigliano tanto tanto, hanno la stessa forma, lo stesso colore, lo stesso spessore……
Io Ho i capelli riccioli e marroni, Riccardo corti e biondi.
Lui porta gli occhiali, io no.
A Riccardo piace il the al limone, a me piace il succo di frutta.
Lui ha due fratelli, io sono figlio unico.
A me piace la musica, a Riccardo fa paura.
Non siamo uguali.
Siamo diversi.
E va bene così.”
Ecco…perché non proviamo a passare un messaggio del genere?
“SIAMO TUTTI DIVERSI E VA BENE COSI’.”
Allora si che cominceremo ad accoglierci, ad accettarci e a riconoscerci.
Solo così ci sarà data la possibilità di riconoscerci appunto, come UNICI.
Invitiamo i bambini a coltivare i loro tratti peculiari, sono quelli che li rendono speciali.
Nella società attuale, invece che essere unici, si preferisce essere normali.
Gridiamo invece forte un “IO SONO IO, E TU SEI TU”.
Uno coltiva la passione per il calcio, uno per la storia, uno adora gli animali e uno macchine e motori, uno è taciturno, uno chiacchierone, uno adora essere massaggiato, uno adora massaggiare, uno legge, uno scrive, uno sogna, uno canta, uno parla tra sè, uno preferisce discutere, uno riflette, uno sorridere per chiedere.
Quanti “uno” fanno parte del nostro essere, quante parti ci sono.
La parola UNICO deriva da questo sentire, da questo essere uno. Unicus, da unus “uno”: che è il solo esistente, che non ha uguali.
Ogni giorno spero che i miei quattro figli possano sempre sentirsi unici.
E mi auguro con tutto il mio cuore che possano continuare a nutrire nel loro intimo quella scintilla della diversità.
Non è semplice, no.
Ma proviamoci, almeno.
Francesca