educazione e pedagogia, montessori, tutti diversi

Unici

Non è semplice, no.

Siamo sempre portati a paragonarci, a metterci a confronto, come se l’altro fosse costantemente il nostro metodo di paragone.

Così facendo, ci chiediamo inconsciamente di omologarci.

Sparisce la personalità, svanisce la differenza, si perde il singolo.

Voglio ribadire ancora una volta come credo sia necessario insegnare ai bambini la diversità e non l’uguaglianza.

E questo punto di partenza dovrebbe essere ancora di più essenziale nel momento in cui si parla di disabilità o si lavora con essa.

Partiamo tutti da un semplice “SIAMO TUTTI DIVERSI” invece che da un falso “siamo tutti uguali”.

Perché l’uguaglianza, quella che noi adulti sbandieriamo, non è visibile ne tangibile agli occhi di un bambino.

Immagina questa semplice riflessione, mettiamoci per un momento nei panni di un ipotetico bambino:

“Perché mi dicono che Riccardo è uguale a me? Non capisco…..

Io cammino, lui no.

Io mangio con la bocca, lui con un tubicino nella pancia.

Io parlo, lui indica con gli occhi e nessuna parola.

Facciamo la stessa cosa, è vero, ma in modi diversi. Non siamo uguali.

La maestra dice che due cose sono uguali quando si assomigliano tanto tanto, hanno la stessa forma, lo stesso colore, lo stesso spessore……

Io Ho i capelli riccioli e marroni, Riccardo corti e biondi.

Lui porta gli occhiali, io no.

A Riccardo piace il the al limone, a me piace il succo di frutta.

Lui ha due fratelli, io sono figlio unico.

A me piace la musica, a Riccardo fa paura.

Non siamo uguali.

Siamo diversi.

E va bene così.”

Ecco…perché non proviamo a passare un messaggio del genere?

“SIAMO TUTTI DIVERSI E VA BENE COSI’.”

Allora si che cominceremo ad accoglierci, ad accettarci e a riconoscerci.

Solo così ci sarà data la possibilità di riconoscerci appunto, come UNICI.

Invitiamo i bambini a coltivare i loro tratti peculiari, sono quelli che li rendono speciali.

Nella società attuale, invece che essere unici, si preferisce essere normali.

Gridiamo invece forte un “IO SONO IO, E TU SEI TU”.

Uno coltiva la passione per il calcio, uno per la storia, uno adora gli animali e uno macchine e motori, uno è taciturno, uno chiacchierone, uno adora essere massaggiato, uno adora massaggiare, uno legge, uno scrive, uno sogna, uno canta, uno parla tra sè, uno preferisce discutere, uno riflette, uno sorridere per chiedere.

Quanti “uno” fanno parte del nostro essere, quante parti ci sono.

La parola UNICO deriva da questo sentire, da questo essere uno. Unicus, da unus “uno”: che è il solo esistente, che non ha uguali.

Ogni giorno spero che i miei quattro figli possano sempre sentirsi unici.

E mi auguro con tutto il mio cuore che possano continuare a nutrire nel loro intimo quella scintilla della diversità.

Non è semplice, no.

Ma proviamoci, almeno.

Francesca

educazione e pedagogia, maternità

La Famiglia: l’ultimo custode degli abbracci

Mai come in questo momento storico la famiglia svolge un ruolo fondamentale.

Non solo per gli slalom che si trova costretta a fare tra lavoro, dad, quarantene, ma anche e soprattutto per le peculiarità educative che solo lei in questo momento mantiene.

Mi sono posta questa domanda, guardando i miei figli, ed in primis il mio ultimo figlio, poco più di un anno di vita…questa è l’unica realtà che conosce. Per lui il mondo è questo, non conosce “un mondo come era prima”.

Ecco dunque la mia riflessione:

“mentre tutto il mondo cambia e si adegua a questa emergenza sanitaria, dove si scardinano i pilastri della socializzazione, dove si copre il volto e non si lascia più trasparire le emozioni e neanche i sorrisi, dove la distanza è l’imperativo categorico, ecco mentre tutto cambia dove viene conservato il ricordo del mondo che era, il mondo prima?

Dove sono finiti i baci, gli abbracci, le strette di mano, i sorrisi a bocca aperta???

Chi continua a dispensarli? Dove continuano a vivere?”

In FAMIGLIA.

Solo all’interno della famiglia si mantengono vive e intatte queste risorse.

Solo all’interno della famiglia i bambini vedono il volto intero dell’adulto.

Solo in famiglia ricevono baci e la cosa più importante è che solo in famiglia i bambini in questo momento ricevono abbracci.

Ecco io sono della teoria che gli abbracci oltre ad essere un posto perfetto in cui abitare, sono anche curativi, hanno un immenso potere. Grazie all’ossitocina, l’ormone dell’amore, durante gli abbracci nel nostro corpo si infonde una sensazione di benessere diffuso. Si riducono ansia a stress.

Adesso non si abbraccia….non si abbraccia più….e risentiamo di ciò, ne stiamo già risentendo. E chi ne risentirà in modo ancora maggiore domani, sicuramente saranno i bambini.

Loro, i bambini, il futuro. Il nostro futuro.

La nostra società è troppo improntata sul passato, così facendo si smette di vivere il presente e non si riesce a immaginare il futuro, né provare empatia per gli altri al pensiero del futuro.

Le famiglie devono sapere di essere gli unici detentori in questo momento del “Ricordo degli abbracci”. I Custodi.

Un po’ come in quel film dove lui conserva l’ultimo vaso di terra in un mondo ormai completamente sommerso d’acqua.

Così il mio è un vero e proprio appello……..

ABBRACCIATE I VOSTRI BAMBINI, ABBRACCIATELI ANCORA, E ANCORA UNA VOLTA.

Affinché non ci si dimentichino come fare, affinché rimanga il sapere vivo nelle nostre e nelle loro menti.

Un anno sembra poco ma in realtà per un bambino è moltissimo tempo. E forse anche per noi adulti lo è.

Così di nuovo abbracciate i vostri bambini e siate consapevoli del bagaglio umano che state tramandando. State custodendo un valore, un tesoro.

Domani, quei bambini sapranno ancora abbracciare perché nonostante tutto, qualcuno oggi avrà continuato ad abbracciarli.

Francesca Maggianetti

educazione e pedagogia

Nonni e Bambini: il rapporto educativo attraverso le storie

“Ecco….fammi rimanere qui vicino, sento la vita che mi chiama, sento te nonno che mi racconti…..”

Credo davvero che i nonni siano un grande tesoro, a livello affettivo sicuramente ma anche e soprattutto a livello pedagogico: l’educazione passa attraverso le loro voci, i loro visi, le loro storie….

In passato ,fino alle grandi riforme degli anni 60, era comune che ogni famiglia avesse al proprio interno i così detti “nonni”.

Con il passare del tempo, l’innalzamento della soglia di concepimento del primo figlio e il prolungamento dell’età della pensione è molto più difficile che questa situazione si verifichi.

Questo in realtà era un immenso patrimonio nelle mani delle generazioni future, i piccoli “nipotini”.

I nonni trasmettono attraverso la relazione con i bambini un gigantesco bagaglio culturale, morale e affettivo vero e proprio, formato negli anni dalle memorie, dalle conoscenze acquisite e soprattutto dal proprio vissuto.

Un aspetto di importanza notevole è che il rapporto nonni-nipoti è investito di una carica affettiva molto differente da quella genitoriale. Proprio perché carico di emotività il rapporto costituirà la base per un  grande insegnamento spontaneo e facilitato. In questo viene riscontrata la grande valenza educativa di tale rapporto.

I nonni inoltre, molto spesso sono gli unici che regalano ai bambini la cosa più importante : IL TEMPO.

Sembra banale, ma in una società odierna dove tutto è molto frenetico e anche gli stessi rapporti lo sono, far riscoprire ai bambini, e quindi dar loro l’opportunità di poter sperimentare  un tempo lento, fa si che possano imparare a vivere le cose nella loro dimensione umana.

Inoltre il tempo ha una sua componente fondamentale che viene trasmessa e cioè la gratuità, e non è facile far capire ai bambini che ci sono alcune cose che non si devono comprare o conquistare, ma sono semplicemente donate da altri. È un modello al quale i bambini attingeranno se viene insegnato loro.

Viene ora spontaneo domandarsi “ma come i nonni svolgono tutto questo?

Attraverso le storie.

Raccontare le favole o storie è il più grande canale di insegnamento, a mio avviso che un nonno possa trasmettere ad ogni bambino, non necessariamente al proprio nipote.

Perché le storie?

Le storie nascono per raccontare ai bambini fatti, avvenimenti, idee, difficilmente comprensibili se spiegati come farebbe un adulto, perché il bambino non ha lo stesso bagaglio di esperienze che acquisiamo con il tempo e quindi non può attingervi. Le storie servono per poter aiutare i bambini a risolvere situazioni problematiche, lasciano passare un insegnamento morale.

Ogni storia, vera, inventata, fantastica che sia, porta al suo interno sempre una struttura ben precisa; troviamo uno o più protagonisti (polo positivo), che si trovano improvvisamente di fronte a un problema (polo negativo) e devono cercare di risolverlo. Questa modalità può aiutare il bambino a concepire che ogni problema in realtà ha una soluzione o quantomeno porta in una certa direzione. Possono essere percepiti così un prima e un dopo, un susseguirsi di eventi, un divenire. Vengono dati al bambino delle strategie di risoluzione dei problemi, viene insegnato che è attraverso le proprie azioni che i protagonisti trovano una soluzione, e quindi percepiranno il concetto che ogni azione ha in se una reazione.

Quali storie?

“Le storie sono infinite”.

 A mio personale avviso la miglior favola che un nonno possa raccontare è la propria STORIA PERSONALE, ovvero la storia della propria vita, semplicemente.

Raccontare la propria storia, grande o piccola.

Raccontare aiuta a ricordare, e fa sì che si venga ricordati.

Ognuno di noi ha il ricordo di un “nonno” che racconta. Ma che cosa racconta?

Se riflettiamo un attimo ci accorgiamo che sicuramente  racconta del suo passato la sua storia, quando lui era bambino.

Quindi cari nonni, ai bambini raccontate la vostra storia.

Come si racconta?

Di seguito un piccolo pro memoria di cosa è importante ricordare quando si racconta ai bambini.

  • I bambini non hanno la percezione del tempo come la nostra, per loro un’ ora corrisponde ad una vita.
  • I bambini piccoli non hanno il senso dell’ umorismo, non comprendono le battute, questa sarà una capacità che si affinerà nel tempo.
  • I bambini non comprendono le similitudini, gli eufemismi e le costruzioni grammaticali difficili se non spiegate : se ad un bambino dite “mi ha spaccato il cuore”, intendendo che mi ha ferito nei sentimenti, loro capiranno che qualcuno come lo spaccalegna ha spaccato con qualche cosa il vostro cuore.  Se dite “devi portare pazienza”, è probabile che vi rispondano “e dove la devo portare?”
  • Ricordatevi di usare un linguaggio semplice e chiaro ma NON omettete detti popolari o modi di dire propri del posto o della vostra vita, arricchiranno il loro bagaglio.
  • Non abbiate paura di lasciar trapelare le emozioni legate a quei ricordi, “belle o brutte” che siano, (perché ricordate non esistono emozioni belle o brutte, ognuna ha una sua specifica funzione!)
  • Accompagnate il racconto con delle foto inerenti la storia che state raccontando, l’immagine viene percepita come molto accattivante ed il linguaggio visivo è molto più immediato, aiuta e integra il linguaggio verbale.

Che sia allora un Buon Raccontare…..perchè in fondo NOI SIAMO UN RACCONTO.