educazione e pedagogia, maternità

La Famiglia: l’ultimo custode degli abbracci

Mai come in questo momento storico la famiglia svolge un ruolo fondamentale.

Non solo per gli slalom che si trova costretta a fare tra lavoro, dad, quarantene, ma anche e soprattutto per le peculiarità educative che solo lei in questo momento mantiene.

Mi sono posta questa domanda, guardando i miei figli, ed in primis il mio ultimo figlio, poco più di un anno di vita…questa è l’unica realtà che conosce. Per lui il mondo è questo, non conosce “un mondo come era prima”.

Ecco dunque la mia riflessione:

“mentre tutto il mondo cambia e si adegua a questa emergenza sanitaria, dove si scardinano i pilastri della socializzazione, dove si copre il volto e non si lascia più trasparire le emozioni e neanche i sorrisi, dove la distanza è l’imperativo categorico, ecco mentre tutto cambia dove viene conservato il ricordo del mondo che era, il mondo prima?

Dove sono finiti i baci, gli abbracci, le strette di mano, i sorrisi a bocca aperta???

Chi continua a dispensarli? Dove continuano a vivere?”

In FAMIGLIA.

Solo all’interno della famiglia si mantengono vive e intatte queste risorse.

Solo all’interno della famiglia i bambini vedono il volto intero dell’adulto.

Solo in famiglia ricevono baci e la cosa più importante è che solo in famiglia i bambini in questo momento ricevono abbracci.

Ecco io sono della teoria che gli abbracci oltre ad essere un posto perfetto in cui abitare, sono anche curativi, hanno un immenso potere. Grazie all’ossitocina, l’ormone dell’amore, durante gli abbracci nel nostro corpo si infonde una sensazione di benessere diffuso. Si riducono ansia a stress.

Adesso non si abbraccia….non si abbraccia più….e risentiamo di ciò, ne stiamo già risentendo. E chi ne risentirà in modo ancora maggiore domani, sicuramente saranno i bambini.

Loro, i bambini, il futuro. Il nostro futuro.

La nostra società è troppo improntata sul passato, così facendo si smette di vivere il presente e non si riesce a immaginare il futuro, né provare empatia per gli altri al pensiero del futuro.

Le famiglie devono sapere di essere gli unici detentori in questo momento del “Ricordo degli abbracci”. I Custodi.

Un po’ come in quel film dove lui conserva l’ultimo vaso di terra in un mondo ormai completamente sommerso d’acqua.

Così il mio è un vero e proprio appello……..

ABBRACCIATE I VOSTRI BAMBINI, ABBRACCIATELI ANCORA, E ANCORA UNA VOLTA.

Affinché non ci si dimentichino come fare, affinché rimanga il sapere vivo nelle nostre e nelle loro menti.

Un anno sembra poco ma in realtà per un bambino è moltissimo tempo. E forse anche per noi adulti lo è.

Così di nuovo abbracciate i vostri bambini e siate consapevoli del bagaglio umano che state tramandando. State custodendo un valore, un tesoro.

Domani, quei bambini sapranno ancora abbracciare perché nonostante tutto, qualcuno oggi avrà continuato ad abbracciarli.

Francesca Maggianetti

educazione e pedagogia, gravidanza e parto, maternità

Portare Te. .. .. . ..

“Ti ho portato dentro per nove lunghi mesi, e forse qualcosa in più.

Ti ho portato nei miei pensieri ancora prima che tu fossi reale, prima di accorgermi di te.

Ti ho portato dentro per così tanto che il tuo odore è come se fosse il mio, sei una parte di me.

Ti ho portato dentro e insieme facevamo ogni cosa, io andavo e tu venivi con me, io mi fermavo e tu ti fermavi con me.

Così abbiamo imparato a conoscerci, a conoscere i nostri ritmi. Insieme gli abbiamo scoperti.

Eravamo due cuori e un solo fare.

E allora perché poi quando si nasce, il mondo fuori vorrebbe che di punto in bianco smettessi di portarti?

Perchè dovrei affidare il tuo piccolo essere a delle cose inanimate, fredde, metalliche piuttosto che le mie calde braccia, le mie mani e il mio corpo?

Per nove mesi sei stato con me. Ti sei formato in me.

Perchè non posso lasciare che a poco a poco tu ti abitui al mondo? Con i tuoi tempi…..

Ecco si….continuerò a portarti….

Posso ancora portarti ma in un modo diverso.

A stretto contatto, noi due pelle a pelle. In fascia, cuore a cuore, sulla schiena ad ascoltar respiri.

Ti porterò con me fino a che non saprai andare, fino a che non vorrai andare.

Ma anche allora le mie braccia resteranno per te un luogo sicuro dove poter tornare ogni volta che vorrai, ogni volta che ne avrai bisogno, ogni volta che vorrai riposare, ogni volta che vorrai sentirti protetto.

E comunque alla fine, amore mio piccolo, credo che non smetterò mai di portarti, neanche quando sarai così grande da guardarmi dall’alto e ridere di ciò, o quando la tua strada ti condurrà altrove lontano verso mari sconosciuti, o quando le mie mani saranno piccole e tu sarai tanto grande da non riuscire a stare nelle mie braccia…….

…..No, neanche allora smetterò di portarti.

Sarà il mio cuore che continuerà a portare te.

…con amore mamma Francesca.

gravidanza e parto, maternità

9 mesi fuori….l’esogestazione

“9 mesi.

9 mesi fuori l’uno dall’altro, la nostra esogestazione.

9 mesi in pancia, 9 mesi fuori, il tempo necessario per donarti al mondo.

9 mesi e muovi i tuoi primi passi per esplorare ciò che ti circonda. Ti muovi curioso e affascinato da tutto, la meraviglia trova casa nel tuo cuore e aleggia nei tuoi occhi.

9 mesi e sei della vita, appartieni alla vita, ti immergi in essa, piccolo uomo.”

Quanto sono veloci questi mesi però, come scivolano tra le dita. Eppure a qualcuno sembrano infiniti. Per la società in cui viviamo equivalgono ad un tempo intollerabile: troppo tempo da dedicare ad un neonato. Così la madre viene reinserita a lavoro solo dopo 3 mesi dalla nascita del bambino. Dopo neanche una settimana di vita, secondo la credenza comune, il bambino deve essere sottoposto a quanti più stimoli possibili, aspirapolvere acceso, tv, telefono, musica e sobbalzi per addormentarsi.

Il neonato deve “abituarsi” dicono.

Così già appena nato viene spostato da una persona all’altra, cambiato pannolino in qualunque posto si trovi con noncuranza generale, messo a terra, spostato, messo nel box, messo nella cullina, nel dondolo e ancora via un altro giro di giostra, sempre pronti a danzare.

Viene poi usato il famoso silenziatore dei neonati : il ciuccio. Così si deve abituare e non dare fastidio.

Mi chiedo….che razza di società siamo?

Una società che non ha tempo per i piccoli neonatini, come se i futuri uomini non fossero gli stessi neonati che abbiamo davanti.

Non c’è tempo per fermarsi ad ascoltare un neonato, ad adorarlo, a vederlo piano piano scoprire il mondo.

E’ che l’egoismo incalza il tempo, e il tempo donato ad altri sembra tempo tolto a sé stessi.

Ecco, io credo che sia esattamente il contrario.

Il tempo che doniamo è tempo che ci ritorna. Sempre.

Ci sono molte culture invece, soprattutto le culture orientali, dove questo tempo, l’esogestazione, è perfettamente contemplata.

In culture Indonesiane ad esempio il neonato non viene messo a terra fino a che non compie i 6 mesi, non ha alcun contatto con il terreno né con estranei. Questo perché il periodo dopo il parto è considerato sacro. Secondo questa credenza il bambino appena nato rappresenta ancora una forma di divinità, è ancora venerato. Dopo sei mesi circa il bambino è pronto a divenire forma terrena e allora viene organizzata una vera e propria celebrazione in occasione della prima volta in cui i piedini di quel bambino toccano il terreno, si ricongiungono quindi alla terra.

Che bello che è credere e riconoscere nel bambino appena nato un essere superiore. E’ l’adulto che impara dal bambino, e non il bambino che si adatta all’adulto.

Anche in molti popoli indiani la donna subito dopo il parto mantiene un periodo di protezione dagli agenti esterni, viene accudita, nutrita, accompagnata, affinché possa al meglio occuparsi del suo bambino. Non escono subito fuori, ma vengono presentati alla comunità dopo qualche tempo, proprio per dar modo alla nuova mamma e al bambino di riorganizzarsi alla nuova vita separata.

Antichi saperi sanno quanto questo periodo sia fondamentale, sanno come da questi nove mesi fuori si sviluppa poi il futuro di quel bambino.

Allora perché non riscoprirli, non richiamarli alla memoria del nostro “popolo occidentale” che invece sembra aver dimenticato questi ritmi?

9 mesi dentro e 9 mesi fuori…..questo il tempo necessario.