
“Mio figlio non mi racconta niente!!!”
Mi capita spesso di sentire genitori che si intristiscono perché il loro bambino non racconta quello che ha fatto durante la giornata, cosa ha fatto all’asilo o a scuola, con quali compagni ha giocato, e si chiedono perché.
Il “non sapere” crea disagio, ma anche senso di non controllo, la situazione sfugge. Molte volte crea invece la sensazione del rifiuto, del “non mi vuole nel suo mondo”. Quello che mi sento di dire è che spesso questi sono solo pensieri dell’adulto che non corrispondono assolutamente con il reale sentire del bambino.
Facciamo un passo indietro e domandiamoci:
“Ma il mio bambino è abituato a raccontare? Sa che può raccontare ciò che vuole nella vita di tutti i giorni?”
Ed io…. “rimango ad ascoltarlo?”
I nostri bambini non sono abituati a raccontare. E noi adulti non sappiamo ascoltare e non forniamo loro l’esempio. Quante volte ci fermiamo noi a raccontare a loro cosa abbiamo fatto durante la giornata?
I bambini apprendono molto per imitazione, quindi come posso pretendere che il mio bambino faccia una cosa se io sono la prima a non farlo.
Siamo molto condizionati inoltre su quello che deve o non deve essere raccontato. C’è poco spazio per la singolarità e le diversità di ciascun bambino. Spesso diciamo che non raccontano perché non sappiamo ascoltare, vorremmo sentire qualche altra cosa uscire dalle loro bocche.
Tutti devono essere uguali, rispettare standard uguali, modelli comportamentali uguali dettati da convenzioni sociali fatte per altro da adulti. A tutti i bambini “deve” piacere la pizza, i cartoni del momento, le principesse, le fate, i super eroi.
E dico “deve”, perché questo è il sentire che ci sta dietro; se porto mio figlio al cinema a vedere l’ultimo film uscito pretendo che si diverta, pretendo che gli piaccia e che sia almeno riconoscente perché l’ho portato. E quando gli chiedo “dai racconta ai nonni come è stato”, lui tutto entusiasta deve raccontare che il film era bellissimo, che il cinema è “fighissimo”, che la storia parlava di. . ., che c’era tanta gente, che abbiamo mangiato i pop corn. Ma è un sentire adulto e non corrisponde a quello che è il sentire e la percezione del bambino.
E se per lui non fosse così ?
Se quel bimbo volesse parlare d’ altro?
Tipo della lumaca che ha visto mentre usciva di casa? Del sasso lungo la strada? Di come era buffa la sedia su cui si è seduto. . .di come era bello correre per arrivare?
Sarebbe sbagliato, perché non si corre? Perché che senso ha raccontare quando si corre?
Ma avete mai provato a correre??!!?!??
Ma non il correre imposto, tipo corsa per dimagrire o per far finta di essere atletici, correre perché volete, quel correre che richiama tutta la spinta primitiva dentro ad essere liberi e vivi. Così è il raccontare.
I bambini sono vivi e molto spesso ce ne dimentichiamo.
I bambini raccontano il loro essere vivi e molto spesso siamo noi che non riusciamo ad ascoltarli, perché ci portano in mondi che ci risultano lontani, mondi che abbiamo sperimentato ma poi abbiamo perso.
I bambini sanno raccontare ma spesso non diamo loro la libertà per farlo e il Tempo per essere ascoltati.
Creiamo insieme ai nostri figli allora uno spazio, un luogo anche fisico, un momento della giornata, dove poter parlare di sé, io come genitore o come adulto, tu come figlio o bambino, io come io, tu come tu.
Un luogo senza pretese, un luogo senza giudizio.
Partiamo noi raccontando quello che abbiamo fatto durante la giornata, le cose che ci hanno colpito, e soprattutto le sensazioni che sentiamo dentro: “Sai oggi sono stata a lavoro e dove lavoro io ci sono tanti fogli bianchi, e una grande seggiola marrone, molto molto comoda…. ad un certo punto è arrivata….”.
Non facciamo riferimento a cose sue, del tipo “sai c’era un piatto pieno di caramelle sul tavolo, quelle che ti piacciono tanto ricordi?” stiamo parlando di noi, non di lui.
Siamo due cose distinte. I figli non ci appartengono.
Una volta terminato non chiediamo a lui “adesso tocca a te dai racconta!” NO.
Se vorrà farlo potrà farlo, se non vorrà sarà libero di astenersi. Rimandiamogli il fatto che “va bene così come è”, qualunque sia la sua scelta. E accogliamo il fatto che può non voler raccontare a noi.
Ma vedrete che come per magia il nostro bambino a poco a poco comincerà a raccontare di sé, sorprendendoci, ed imparerà a farlo semplicemente perché gli sarà concesso e si sentirà ascoltato senza giudizio, senza pretese, e diventerà la cosa più naturale del mondo.
Francesca Maggianetti
Pedagogista clinica, Educatrice Montessoriana