
Ho pensato molto in questi giorni di quarantena, alla parola “cose” perché spesso parlando con i miei figli mi sono accorta di quante volte utilizzo la parola “cose” per sostituire una serie sconfinata di termini, soprattutto quando mi riferisco ad avvenimenti generali, quando cerco di spiegare un concetto globale o quando parlo di emozioni.
“ci sono certe cose che fanno paura…”
“Questa cosa mi fa veramente arrabbiare..”
“che meraviglia…queste si che sono le cose che ci rendono felici…..”
Il termine cosa e cose riecheggia spesso nel nostro modo di esprimersi.
Ed è in realtà un termine dotato di un’immensa magia a mio avviso, in quanto non è ne’ positivo ne’ negativo, si tratta infatti di un termine neutro.
“come se ci fossero cose che possono essere l’uno e l’altro”.
In un momento particolare come questo, che abbiamo vissuto nei giorni passati e che ci troviamo tutt’ ora a vivere, ai bambini deve poter essere data la possibilità di esprimersi, sinceramente, e ogni volta che ne sentono il bisogno. Così ho pensato di cercare un posto per tutte queste “cose“. Un luogo che ognuno possa trovare, accessibile a tutti i membri della famiglia.
Ed ho trovato un sacchettino. Piccolo ma infinito. Si può aprire e può contenere, ma si può chiudere o lasciare vuoto.
Il sacchettino delle “cose”
quali cose?
Tutte quelle che vogliamo.
Cosi ecco .. . .cercate un sacchettino in casa, o createne uno, ritagliatevi un momento, magari a fine giornata, e riunitevi intorno al sacchettino. Tenetelo sempre in un posto dove i bambini possano prenderlo liberamente, dove il loro sguardo si possa posare, dove poter andare a colpo sicuro nel momento in cui ne avranno bisogno.
E a turno, mettiamo dentro al sacchettino, quello che vogliamo, facendo proprio il gesto di prendere le parole che diremo e metterle all’interno. Qualsiasi cosa sarà in grado di contenere quel sacchettino, perché va al di la’ di ogni struttura, proprio come la percezione delle nostre emozioni. Così metterò una cosa che mi ha ferito, una cosa particolare che mi ha colpito, una cosa successa che mi ha fato arrabbiare, una cosa speciale, una cosa che mi piace.
In forma di pensiero, di parola, di gesto.
In assoluta assenza di giudizio. Ripeto senza giudizio.
Non c’è un “perché” raccontiamo proprio quella cosa, non c’è un motivo in quel momento, o meglio c’è sicuramente ma a noi non interessa ora, perché se prima non impariamo a “stare” non impareremo mai a comprendere ed accogliere.
Dobbiamo stare li in quel momento con quello che c’è e dobbiamo permettere ai nostri figli di imparare a fare altrettanto.
“Stare” con quello che c’è, semplicemente.
Accogliete sempre quello che emerge dal vostro bambino anche se inizialmente sembrerà che ripeta quello appena detto da voi o da un altro membro della famiglia, piano piano acquisirà sicurezza e proverà a formularlo da solo aprendo così una piccola finestra sul suo mondo interiore, lasciandoci intravedere di cosa è fatto.
In questo momento ce ne è davvero bisogno, ed è un grande strumento quello che gli state dando.
Così una alla volta ognuno avrà cura di mettere le sue cose tutte dentro a quel sacchettino e di chiuderlo bene perché non escano.
Poi insieme al bambino ci dirigeremo alla finestra, la apriremo e con gran cura come se tra le mani tenessimo un immenso tesoro ( perché alla fine dei conti quella è la realtà) apriremo il sacchettino con molta delicatezza.
“è ora di lasciare andare…quello che abbiamo messo qui dentro…”
Abbiate cura di svuotarlo bene ed assicuratevi che tutto tutto sia uscito da quel piccolo mondo temporaneo.
Non è un buttare via, ne un nascondere, ne un far finta che non esistano. . .tutt’altro.
È un riconoscere . . .
È un accogliere . . .
È un far diventare parte di noi, del nostro mondo .. .
Ed è un lasciare andare.
È come se le nostre emozioni ci dicessero:
“lasciami fare,
lasciami essere,
lasciami stare.”
Francesca Maggianetti